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Il sussidiario.net
 
 

Un terremoto di proporzioni tremende ha sconvolto Haiti, il Paese più povero del continente americano. Il sisma, di magnitudo 7, si è verificato alle 22,53, ora italiana, seguito da un’altra decina di scosse. L’epicentro è stato individuato a una ventina di chilometri dalla capitale Port-au-Prince, a circa 8 km di profondità. I danni sono incalcolabili. Non si contano i morti e i dispersi. Numerosi palazzi si sono sbriciolati, tra cui quello presidenziale. Le linee elettriche e quelle telefoniche sono fuori uso e un solo ospedale, nella capitale, funziona. Questo ha già esaurito la sua capacità di accoglienza, e la Croce rossa internazionale è al lavoro per evitare un’emergenza sanitaria. Carlo Zorzi, che dal 2003 al 2008 ha vissuto ad Haiti come cooperante di Avsi – attualmente ricopre il medesimo incarico in Costa d’Avorio – racconta a ilsussidiario.net le sue impressioni. E le tribolazioni di un Paese che conosce molto bene.

  

Cosa ha provato sentendo la notizia?

  

Una grande tristezza, un grande dolore e il pensiero di un Paese che continua a essere martoriato, che non riesce più a chiudere il ciclo di povertà e sofferenza. E che da trent’anni vive nell’emergenza costante. Ogni piccolo tentativo di portarlo allo sviluppo è sempre stato soffocato da condizioni esterne che, ogni volta, lo hanno precipitato in nuove situazioni di emergenza. Penso alla popolazione, svuotata del sentimento e dell’interesse ad agire e prendere in mano le sorti del proprio Paese. E ai tanti amici e  colleghi, alle migliaia di bambini con i quali lavoravo e ai compagni di scuola di  mio figlio. Anche lui, con lacrime agli occhi, guardava la tv, pensando ai suoi amici. Siamo stati 5 anni là, è un lungo periodo. Attendo di vedere dove lavoravo. Le prime informazioni mi dicono che tutto è crollato.

  

Può descriverci il Paese?

  

E’ il Paese più povero del continente americano, uno dei più poveri al mondo. Politiche e strategie fallimentari, e pressioni di vario genere, han fatto sì che non imboccasse la strada dello sviluppo. Da lì transita molta droga verso gli Usa o il Canada. Santo Domingo, che occupa due terzi dell’isola sulla quale risiede Haiti, ha i suoi problemi, certo. Ma ha imboccato un’altra strada, fondata sul turismo, con  4 milioni di visitatori all’anno. Eppure, il mare e il cielo sono gli stessi. Ma ad Haiti si vive con un’ora di elettricità al giorno, i camion portano alle case l’acqua potabile, l’80 per cento della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno, e il 60 per cento con meno di uno.

  

Un terremoto è sempre una tragedia. Ancor di più se al dramma si somma  il fatto che Haiti è il Paese più povero del continente americano. Questo elemento che conseguenze avrà?

  

Mio figlio, che ha dieci anni, guardando le immagini della catastrofe, mi ha detto: “papà, ma qui ci vorranno di nuovo altri 30 anni per ricostruire qualcosa”. Credo che riassuma bene. Ci saranno ripercussioni incredibili. Milioni di haitiani son già emigrati all’estero. Ora la diaspora si amplificherà.

  

Quali sono secondo lei i punti più critici da affrontare ora?