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Corriere.it 15 gennaio 2012 di Francesco Verderami
 
Tutti a pranzo da Monti domani, «a parlare di Europa». Per la prima volta Alfano andrà a palazzo Chigi per sedere a fianco di Bersani e Casini. È la fine degli incontri nel tunnel per i tre leader politici, ma non è l’inizio di una «grande coalizione», come vorrebbe il premier. Perché il segretario del Pdl continua a confinare l’attuale maggioranza nel recinto delle virgolette: «Con Casini il rapporto è di antica frequentazione. Con Bersani invece è circoscritto a questa fase, durante la quale sono già emersi – a partire dalla manovra finanziaria – approcci e opinioni differenti. Sostenere lo stesso esecutivo non ci ha fatto cambiare idea».
La divergenza più evidente è nell’analisi della crisi e nel primo consuntivo sull’operato del gabinetto tecnico: «Siamo al secondo mese della gestione Monti – dice Alfano – e dopo due mesi la borsa continua ad andar giù e lo spread a restare su. È la prova che il problema non era il governo Berlusconi, così come la colpa non può essere oggi ascritta al suo successore. Tuttavia è evidente che la credibilità di Monti sui mercati internazionali e in Europa non è stata sufficiente a evitare il declassamento dell’Italia. L’auspicio di ogni persona responsabile è che il governo riesca a centrare dei risultati. Perché è su questo che verrà misurato, sulla capacità cioè di raggiungere gli obiettivi che si era prefisso: arginare la crisi e favorire la crescita».

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