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Foglio venerdì 16 aprile 2010

Ieri, di prima mattina, Benedetto XVI ha celebrato messa nella Cappella Paolina in Vaticano con i membri della Pontificia commissione biblica. Ha tenuto un’omelia a braccio dove ha definito l’aggressione contro la chiesa il segno di una sottile forma di dittatura, quella del conformismo e, insieme, ha detto che questo è il momento per i cristiani di fare penitenza.

“L’obbedienza a Dio ha il primato”, ha detto il Papa richiamando le parole di san Pietro davanti al Sinedrio. “Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini” perché è l’obbedienza a Dio “che dà libertà”. Invece, nei tempi moderni, si è teorizzata la liberazione dell’uomo anche dall’obbedienza a Dio: “L’uomo sarebbe libero, autonomo, e nient’altro. Ma questa autonomia è una menzogna, una menzogna ontologica, perché l’uomo non esiste da se stesso e per se stesso; è una menzogna politica e pratica, perché la collaborazione e la condivisione della libertà è necessaria e se Dio non esiste, se Dio non è un’istanza accessibile all’uomo, rimane come suprema istanza solo il consenso della maggioranza. Il consenso della maggioranza diventa l’ultima parola alla quale dobbiamo obbedire e questo consenso, lo sappiamo dalla storia del secolo scorso, può essere anche un consenso nel male. Così vediamo che la cosiddetta autonomia non libera l’uomo. Le dittature sono state sempre contro questa obbedienza a Dio”, ha sottolineato il Papa. “La dittatura nazista, come quella marxista, non possono accettare un Dio sopra il potere ideologico, e la libertà dei martiri, che riconoscono che Dio è sempre l’atto della liberazione, nel quale arriva la libertà di Cristo a noi”. Oggi non viviamo in dittature, “ma esistono forme sottili di dittature”. Tra queste, “un conformismo, per cui diventa obbligatorio pensare come pensano tutti, agire come agiscono tutti, e la sottile aggressione contro la chiesa, o anche meno sottile, dimostrano come questo conformismo può realmente essere una vera dittatura”.

Per i cristiani, ha detto il Papa, obbedire più a Dio che agli uomini suppone conoscere Dio, volere obbedire, e che Dio non sia pretesto per fare la propria volontà. “Noi oggi abbiamo spesso un po’ paura di parlare della vita eterna. Parliamo delle cose che sono utili per il mondo, mostriamo che il cristianesimo aiuta anche a migliorare il mondo, ma che la sua meta sia la vita eterna e che dalla meta vengano poi i criteri della vita non osiamo dirlo”. In tale prospettiva “la penitenza è una grazia. Devo dire che noi cristiani abbiamo spesso evitato la parola penitenza, che ci è apparsa troppo dura. Adesso sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati, vediamo che poter far penitenza è grazia e vediamo come sia necessario fare penitenza, riconoscere cioè ciò che è sbagliato nella nostra vita. Aprirsi al perdono, prepararsi al perdono, lasciarsi trasformare. Il dolore della penitenza, della purificazione e della trasformazione, questo dolore è grazia, perché è rinnovamento, è opera della misericordia divina”.