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Corriere della Sera 16 settembre 2010
 
Il cardinale Newman è stato uno dei più grandi inglesi del suo tempo, anzi, di tutti i tempi. Come altri coraggiosi uomini e donne di fede, credeva con passione che si dovesse seguire la propria coscienza. Molti, troppi, sono morti per questa stessa causa. Nel Regno Unito si contano sia martiri protestanti che cattolici, come Tommaso Moro, che venne processato a Westminster Hall, dove il Papa parlerà a rappresentanti della società civile provenienti da tutto il Paese.


A conclusione della sua storica visita nel Regno Unito di questa settimana, papa Benedetto XVI beatificherà il cardinale durante una celebrazione eucaristica nel parco di Birmingham, dove il Newman era solito riposarsi quando era un semplice prete di quella grande città industriale. Sarà il culmine altamente commovente della prima visita ufficiale che un Papa abbia mai compiuto nel Regno Unito. Uso per questa visita la parola «storica». Spesso suona come un luogo comune trito e ritrito, ma in questa occasione è assolutamente adeguata. È il motivo per cui le televisioni di tutto il mondo seguiranno ogni istante delle quattro giornate che il Papa trascorrerà con noi.

Come Primo ministro britannico, sono felice che i miei predecessori abbiano invitato il Papa a visitare questo Paese, e sono felice che lui abbia accettato il loro invito e l’invito ricevuto da Sua Maestà la Regina. Benedetto XVI arriva come capo di Stato e capo di una Chiesa che conta oltre 6 milioni di fedeli nel Regno Unito e circa 1,2 miliardi in tutto il mondo. Come altri gruppi di fede, la Chiesa cattolica annuncia al mondo un messaggio di pace e di giustizia, e noi operiamo strettamente con essa per promuovere queste cause. Nonostante il periodo difficile in cui ci stiamo dibattendo, abbiamo stanziato fondi per lo sviluppo internazionale. Alleviare la povertà è una delle massime sfide per il mondo. La condizione assurda in cui troppa gente oggi vive, in compagnia costante di malattie e miseria, è un insulto morale agli occhi di tutti noi che viviamo nell’agio dei Paesi ricchi. La Chiesa cattolica e le sue organizzazioni sono in prima linea nella lotta contro la povertà. Noi lavoriamo assieme a esse – organizzazioni come Cafod, Sciaf, Trocaire e Caritas – in Africa, in Asia e in America Latina. Nell’Africa sub-sahariana, ad esempio, le organizzazioni cattoliche presso le chiese locali provvedono a circa un quarto di tutti i servizi di istruzione primaria e assistenza sanitaria, e anche a una parte altrettanto grande dei servizi a favore dei malati di Aids.

La Santa Sede è nostro partner nel conseguimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio fissati dall’Onu, che saranno discussi di nuovo alle Nazioni Unite a New York la prossima settimana. Da parte nostra, siamo totalmente impegnati a conseguire l’obiettivo Onu di riservare agli aiuti lo 0,7% del nostro reddito nazionale entro il 2013. E vogliamo essere certi che il denaro speso vada a quanti ne hanno più bisogno. Uno sviluppo economico sostenibile è strettamente legato alla stabilità e alla sicurezza politica. Un mondo in cui esiste un abisso fra ricchi e poveri sarà più pericoloso e meno sicuro per tutti noi.

Cooperiamo strettamente con la Chiesa cattolica anche nella campagna contro i cambiamenti climatici. Anche qui, saranno i poveri a soffrire di più se non interverremo per mitigare il surriscaldamento globale. Ciò di cui abbiamo bisogno non è solo un accordo internazionale per ridurre le emissioni di anidride carbonica. Dobbiamo sviluppare una nuova strategia di crescita economica, definendola e perseguendola con modalità che rispettino e custodiscano il nostro ambiente naturale. Il nuovo governo britannico crede fermamente nelle decisioni portate a livello locale, con il coinvolgimento di quante più persone e organizzazioni possibili nel lavoro volto a realizzare il benessere di tutta la collettività. Il grande filosofo conservatore del XVIII secolo Edmund Burke definiva queste sezioni della società «piccoli plotoni», sostenendo che la responsabilità dovrebbe essere ripartita fra tutti loro. Io la definisco Big Society, nella quale tutti siamo impegnati insieme; una società più responsabile, dove tutti esercitiamo i nostri doveri verso gli altri, verso le famiglie e le comunità. Una società in cui non chiediamo soltanto «quali sono i miei diritti», ma anche «quali sono i miei doveri». La dottrina sociale cattolica propugna principi analoghi da oltre un secolo, e le organizzazioni cattoliche operano accanto ad altri gruppi di fede nel settore dell’istruzione e del welfare per rendere il nostro Paese più armonico e più sensibile verso gli altri. Naturalmente, lo stesso Stato ha un ruolo nel promuovere il benessere dei singoli, ma questo lavoro dovrebbe unirsi a quello svolto da altri, senza sconvolgerlo.

È stato detto, esagerando, che questa settimana papa Benedetto XVI visiterà un Paese essenzialmente laico. Io non condivido questa affermazione, che i sondaggi e la partecipazione alle funzioni religiose contraddicono. La visita papale non deve essere accolta soltanto dai cattolici britannici o genericamente da chi è religioso, bensì da tutti coloro che guardano con favore al contributo dato dai gruppi di fede alla nostra società, e che capiscono che per molti la fede è un dono prezioso, non un problema da superare. Talvolta possiamo non trovarci d’accordo con la Santa Sede su alcuni temi. Ma questo non dovrebbe impedirci di riconoscere che il messaggio più generale della Santa Sede può stimolarci a porre domande penetranti sulla nostra società e su come trattiamo noi stessi e gli altri.


Il cardinale Newman disse una volta che una piccola azione, sia essa di chi aiuta ad «alleviare le pene di malati e bisognosi» o di chi «perdona un nemico» rivela più fede vera di quanta non venga manifestata con «la più forbita delle conversazioni religiose» o dalla «conoscenza più profonda delle Sacre Scritture». Il cardinale Newman è ricordato molto a Birmingham per l’amore che nutriva per la sua gente. Durante un’epidemia di colera, lavorò instancabilmente fra i poveri e i malati. E quando lui stesso morì, i poveri della città affollarono a migliaia le strade della città. Iscritto sul drappo funebre della sua bara c’era il suo motto «Il cuore parla al cuore». Non sorprende affatto che sia questo il tema della visita papale. Io spero che ciò si rifletta nella calorosa accoglienza che papa Benedetto XVI troverà nel Regno Unito, e nei sentimenti che lascerà dietro di sé quando tornerà a Roma.