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Corriere della Sera 22 Gennaio 2011
 
S crivo che il solo modo di fare chiarezza è che Berlusconi si presenti davanti ai magistrati. Anche il presidente della Repubblica invita il capo del governo a fare chiarezza – pur non chiedendogli pubblicamente di andare dai magistrati – che è, poi, la stessa cosa nelle forme del Quirinale. Ma alcune decine di lettori mi scrivono che sono servo del Cavaliere. Scrivo che aver gettato in pasto all’ opinione pubblica le intercettazioni, le fotografie e i nomi delle ragazze – le cui abitazioni sono state perquisite dalla polizia – che hanno la sola colpa di aver frequentato le cene del Cavaliere, marchiandole come prostitute, è stata una violenza alla loro dignità. Ma alcune decine di lettori mi scrivono che quelle sono puttane, che vanno svergognate in nome delle donne che – diciamo – non «condividono» la fortuna sulla quale sanno di essere sedute. Questa stessa espressione – che è, poi, una ironica citazione letteraria per dire in altro modo la stessa cosa – mi viene rimproverata come un insulto a quelle che, lo dico, non la danno. Ora, così come non pretenderei da un talebano un minimo di ironia su questioni sessuali, non accuserò quei lettori non solo di non averne alcuna, ma neppure di non sapere di che stessi parlando. Si è come si è, diceva Sciascia; io sono come sono, loro anche. Ed è, appunto, di questo che vorrei parlare. Cerco di capire le ragioni di tutti; capisco e rispetto meno quelli che dividono il mondo in berlusconiani e antiberlusconiani e criminalizzano chi è semplicemente liberale, cioè dalla parte «delle vite degli altri», quindi, anche delle loro. Dico che se prevalesse la loro cultura, anche le loro libertà e la loro dignità finirebbero con essere in pericolo, perché, prima o poi, potrebbe toccare anche a loro di essere dati in pasto alla Piazza. Per le stesse identiche, e speculari, ragioni non posso accogliere il consiglio di chi, dall’ altro fronte, mi raccomanda di essere cauto, quando scrivo di questioni di giustizia, perché potrebbero farmela pagare. Chi? La magistratura? Non voglio neppure immaginare di vivere in un siffatto Paese. Il conflitto fra potere politico e potere giudiziario è, forse, alle battute finali. Il risultato minaccia di essere la distruzione personale e politica del presidente del Consiglio – se le accuse penali a suo carico si rivelassero fondate – o la distruzione della credibilità della magistratura se non lo fossero. Nessuna delle due ipotesi è auspicabile. Ha ragione quell’ onesto realista che è il presidente della Repubblica a paventare elezioni anticipate. Che sarebbero, di fatto, un referendum sulla magistratura il cui esito, se a vincerle fosse il centrodestra, sarebbe una dichiarazione di sfiducia, da parte di almeno la metà (elettorale) degli italiani, nella Giustizia; darebbe fiato, se a vincerle fosse il centrosinistra, a chi lo vorrebbe, suo malgrado, su posizioni negatrici dello Stato di diritto. Da una parte e dall’ altra, in troppi giocano col fuoco. Del quale rischiamo di scottarci tutti. 
 
postellino@corriere.it