dal Corriere della Sera
Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, dice che l’ esito dei referendum segna «il divorzio degli italiani dal governo». Se era un referendum sul governo, è indubbio che abbiano divorziato. Ma, quando c’ è un divorzio, c’ è sempre qualcuno che paga gli alimenti. Sarà il Paese a pagarli. È la metafora del marito che per far dispetto alla moglie… In democrazia, l’ esito di una votazione, quale che sia, è l’ espressione della volontà popolare; e, come tale, va rispettato. Ciò non toglie, però, che non sia lo stesso legittima qualche riflessione sulle sue conseguenze. È stata spesso la stessa sinistra «intelligente» a ricordare che furono libere e democratiche elezioni a portare al potere Hitler… Spero sia lecito a chi già aveva espresso riserve alla vigilia del voto chiedere ora ai vincitori: «E adesso come la mettiamo?». Con la rinuncia al nucleare, resta insoluto, non da ieri, il problema energetico nazionale. La decisione di ricorrervi era già arrivata fuori tempo massimo; le fonti alternative non sono tecnicamente praticabili ed economicamente remunerative perché in una fase sperimentale; il referendum esclude che anche in futuro si possa puntare sul nucleare; nel frattempo, paghiamo l’ energia il 30% in più degli altri Paesi europei che un piano energetico se lo sono dato. Il «sì» alla rinuncia al nucleare, se non è stato (solo) un voto contro il governo, è nato (anche) sull’ onda emotiva dei disastri di Chernobyl – per l’ ubriachezza di alcuni addetti – e in Giappone, dove le condizioni non sono propriamente le stesse che in Alto Adige. Aver votato influenzati dalle conseguenze dell’ elevato tasso etilico degli operai sovietici e da quelle di uno tsunami a migliaia di miglia dall’ Italia non è stata una gran prova di conoscenza della natura del problema. Il referendum sull’ acqua lascia le cose come stavano. Sedicimila concessionarie, partecipate e controllate dai Comuni ma, di fatto, nelle mani delle clientele di partito. Avevano già aumentato le tariffe e gestiscono una rete inadeguata e colabrodo senza avere i soldi per migliorarla. Le vecchie municipalizzate, se non altro perché soggette a regime pubblicistico, erano meglio. La privatizzazione della distribuzione, comunque assegnabile per gara e, poi, controllata dai Comuni, puntava a cercare i soldi sul mercato. Un tempo, a un demagogo che, da Palazzo Venezia, chiedeva «volete burro o cannoni ?», gli italiani avevano risposto «cannoni». Poi, erano andati, felici, al macello. La situazione, ancorché su scala minore e in condizioni meno drammatiche, si è ripetuta. Rispettabili erano gli italiani che, allora, avevano risposto «cannoni»; rispettabili sono quelli che, adesso, dopo aver votato «sì», esultano altrettanto felici. Analoga la scarsa consapevolezza della realtà. Ps. I fatti descritti e le opinioni espresse non impegnano minimamente il Corriere della Sera. Si prega, pertanto, di non insultarne il direttore, ma di prendersela solo con me. postellino@corriere.it
Ostellino Piero
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(18 giugno 2011) – Corriere della Sera