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Bresciaoggi 5 ottobre 2010
 
Marco Bencivenga
SOUSSE (TUNISIA)
Differenziare le fonti di approvvigionamento energetico è la sfida-chiave per il futuro del mondo. Per questo, in attesa di realizzare il grande sogno in verticale (dall’eolico del Nord Europa al solare del Nord Africa), per il governo italiano è strategico allacciare ottime relazioni diplomatiche e commerciali con i Paesi produttori di gas e di petrolio che si affacciano orizzontalmente sul Mediterraneo: Libia, Egitto, Tunisia, Marocco e Algeria a Sud; Serbia, Croazia e Montenegro a Est. 
Una scelta obbligata, a costo di ingoiare qualche rospo (vedi le passerelle romane del leader libico Gheddafi) come impongono la real-politik e la dipendenza energetica italiana, figlia di due fattori concomitanti: la mancanca di giacimenti sul territorio nazionale e la rinuncia volontaria alla chance del nucleare che fa del nostro Paese un caso unico nell’Ue. 
UN BUCO NERO che vale un terzo del fabbisogno nazionale e che il Governo Berlusconi promette di riempire entro il 2020 con la costruzione e l’attivazione delle prime centrali, secondo un programma in cui avrà un ruolo anche A2A, la multiutility brescian-milanese già impegnata attraverso Edison nella costruzione di due gasdotti in Algeria e in Azerbaijan (e un terzo partirà presto nei Balcani). Non solo: il sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia – nel corso di un incontro promosso da Areopago a Sousse, in Tunisia, insieme a Mario Mauro, presidente dei deputati del Ppe al Parlamento Europeo – ha profilato interessanti prospettive internazionali per il gruppo nato dalla fusione Asm-Aem nel suo settore di attività più tradizionale: lo smaltimento dei rifiuti. 
«Il know how di A2A rappresenta un modello di eccellenza nel mondo e nell’area del Mediterraneo in particolare» ha detto Saglia, citando a mo’ d’esempio il fabbisogno dei 22 milioni di abitanti del Cairo.
«CERTO – HA AMMESSO il sottosegretario bresciano – per fare questo A2A dovrà vincere una sfida molto difficile: essere protagonista sul mercato internazionale, pur restando… country, un’impresa legata al proprio territorio».
Di sicuro la partita è fondamentale, perchè le risorse di gas e petrolio non sono illimitate e il loro controllo è decisivo per la risoluzione dei conflitti, quindi per la pace nel mondo. «La crisi economica ha portato sulla ribalta mondiale i Paesi del cosiddetto Bric, Brasile-Russia-India-Cina, nuove potenze nell’economia che sono prive però di un’adeguata rappresentanza nelle istituzioni internazionali – ha sottolineato Saglia -. Nonostante l’attivismo del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che all’estero gode di molta più credibilità di quanto non si pensi, l’Italia ha un interscambio poco brillante con questi nuovi protagonisti dell’economia mondiale. In compenso può diventare l’interlocutore privilegiato dei Paesi emergenti del Nord Africa e dei Balcani, grazie anche e soprattutto a un atteggiamento di rispetto della controparte molto più apprezzato dell’approccio, per esempio, della Francia, che resta ancor oggi colonialista se non imperialista». L’Italia, al contrario, fin dai tempi della presidenza dell’Eni di Enrico Mattei non ha provato a imporre un modello, ma ha puntato sulla collaborazione, offrendo accordi «fifty-fifty» – noi mettiamo la tecnologia, voi le risorse – mentre le grandi compagnie petrolifere internazionali, le famose «sette sorelle», lasciavano ai locali un misero 10 per cento. Secondo Saglia, la recente firma del trattato di amicizia con la Libia «è un evento storico perchè per la prima volta al mondo un Paese colonialista risarcirà un Paese colonizzato creando importanti infrastrutture sul suo territorio». Così, l’Italia si assicurerà un canale privilegiato a ogni livello. 
E se la controparte è un ex-Stato canaglia, non è il caso di sottilizzare troppo – ha suggerito Saglia – perchè in gioco, oltre al petrolio, c’è il contrasto al fenomeno migratorio, al terrorismo internazionale e al fondamentalismo islamico, tre partite che a livello diplomatico giustificano anche qualche concessione.
«LA TENDA PIANTATA nel centro di Roma serve a Gheddafi soprattutto per comunicare ai suoi che non sta vendendo l’anima al diavolo», ha aggiunto Mauro, invitando gli italiani a non scandalizzarsi, visto che nel frattempo il Colonnello è stato eletto presidente dell’Unione africana, viene regolarmente invitato a Londra «perchè i fondi reali libici piacciono tanto agli investitori della City», e visto che la Libia un tempo sulla «black list» del terrorismo internazionale è stata recentemente ammessa addirittura nel Consiglio di sicurezza dell’Onu.
«Il Nord Africa è il nuovo Eldorado delle fonti rinnovabili e ha tassi di sviluppo doppi rispetto all’Europa» ha sottolineato Saglia guardando alla Libia, ma non solo: «Algeria, Marocco e Tunisia sono i principali contribuenti dell’Unione africana. E in Egitto, Paese islamico non esasperato, vivono 80 milioni di persone. Dialogare con questi Paesi significa dialogare con tutta l’Africa».
LO STESSO VALE per i Balcani: «Avere buoni rapporti con la Serbia significa avere un filo diretto anche con la Russia, quindi nuove prospettive per diversificare l’approvvigionamento energetico, ma anche nuove opportunità di investimento per le piccole e medie imprese, oltre che per i grandi gruppi nazionali come Eni, Enel e Finmeccanca». 
Saglia nei giorni scorsi è stato a Belgrado e al Cairo e fra un mese tornerà in Tunisia per l’inagurazione del primo elettrodotto sottomarino che unirà il continente nero all’Europa. «Oggi più che mai siamo la piattaforma del Mediterraneo», ha sottolineato Saglia. E dialogare con i Paesi del "mare nostrum"», secondo Mauro è fondamentale anche per questioni demografiche, visto che l’Europa è sempre più un continente per vecchi mentre nel Mediterraneo del Sud gli over 65 raramente superano il 5 per cento e gli under 15 arrivano fino al 45. 
Il futuro, insomma, è lì. In tutti i sensi. E l’Italia vuole farne parte puntando sul dialogo, anche per frenare all’origine nuove ondate migratorie che potrebbero rivelarsi insostenibili.