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Bresciaoggi 20 Dicembre 2009

L’intervento di Graziano Tarantini*

C’è un forte aumento del consumo di droga tra i giovanissimi. L’allarme lanciato dal comandante provinciale dei carabinieri di Brescia fa discutere. Ha sollevato il velo su un fenomeno che tutti conoscono, ma di cui non si parla come se non ci riguardasse o, peggio ancora, come se ormai fossimo abituati a conviverci. In realtà il problema è molto grave anche per le sue conseguenze sul piano sociale e su quello della salute mentale di tanti giovani. Mi sento quindi del tutto solidale con il colonnello Turchi quando chiede maggiore collaborazione da parte dei dirigenti scolastici che hanno invece visto i controlli antidroga come un’ingerenza nel mondo della scuola. La presenza delle forze dell’ordine può infatti rappresentare un utile deterrenteSe sono convinto di questo, non posso però fare a meno di sottolineare che sullo sfondo resta aperta una questione più grande che interpella tutti. Come è possibile che nella nostra città il consumo di droga trovi terreno così facile tra i giovani? Risparmiamoci le risposte sociologiche. La droga è un surrogato che riempie un vuoto generato da una domanda che non ha trovato una risposta adeguata. In ogni persona c’è una funzione indispensabile che chiamiamo comunemente desiderio. È un dato in quanto appartiene alla struttura originale di ognuno. È quell’aspetto del nostro limite che nel suo bisogno di compimento, si tramuta in domanda di infinito. Invece di portarci a una passività rassegnata, come potrebbe accadere di fronte alla constatazione di una mancanza, il desiderio ci spinge all’azione, a metterci in gioco, magari anche solo in modo parziale. L’ambiente in cui si cresce, a cominciare dalla famiglia e dalla scuola ne può essere un formidabile attivatore, ma anche un luogo che disabitua a esercitarlo. Oggi soprattutto viviamo in un tempo che spesso congiura a spegnerlo, a ridimensionarlo, a svuotarlo del suo potenziale. È «un periodo storico – scriveva Pasolini già nel 1975 – in cui lo "spazio" (o "vuoto") per la droga è enormemente aumentato. E perché? Perché la cultura in senso antropologico, "totale", in Italia è andata distrutta, o è in via di distruzione». È stata cioè spesso minata alla base la possibilità stessa di offrire ai giovani un’ipotesi unitaria di senso capace di affrontare la realtà in tutte le sue dimensioni, lasciando così un vuoto incolmabile. Per queste ragioni è necessario tornare a investire sull’educazione. Ciò che è nel cuore di ciascuno non va infatti spento, ma deve essere educato, letteralmente «tirato fuori» e messo nelle condizioni di agire. Per farlo ci vogliono maestri che non abbiano paura di giocarsi fino in fondo nel lavoro e nella scuola portando la propria testimonianza. È questa la modalità più efficace per stimolare un giovane a prendere sul serio il suo desiderio, a farlo emergere, anche quando richiede fatica e sacrificio, a saper distinguere così ciò che è ingannevole promessa da ciò che può invece compiere la propria umanità. L’unica vera emergenza è l’enorme difficoltà che le giovani generazioni hanno a incontrare persone che comunichino un senso e un gusto per la vita. «Il pericolo maggiore che possa temere l’umanità – osservava Teilhard de Chardin – non è una catastrofe che venga dal di fuori, ma la perdita del gusto di vivere». C’è il rischio così di precipitare in un’anestesia che non è solo quella prodotta dalla droga. Per fortuna però la vita per come è continua a risvegliarci in diversi modi, a volte anche drammatici, ma sempre carichi di stupore. Partire dallo stupore, ossia dal domandarsi perché si è al mondo, è il primo passo per ricominciare.
* PRESIDENTE FONDAZIONE S. BENEDETTO